Memorie romane: atto II

 

Memorie romane II

Giorno II (o quello del “ma dove ca**o ti sei fatto la casa, Ottaviano?)

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La foto non è storta… È la salita al Palatino.

 

Il secondo giorno a Roma era quello dell’unica visita con guida di tutto il viaggio. Potrebbe sembrare che ci potevamo rilassare un po’, noi insegnanti, invece… Invece no. Nelle gite scolastiche è impossibile.
Ci alziamo, incasiniamo male l’albergo con la colazione e partiamo. Primo destino del giorno: il Colosseo. Ci andiamo a piede (in realtà abbiamo fatto tutto a piede, circa 20km al giorno) e incredibilmente arriviamo in anticipo.
– Non fatevi fregare dai centurioni! – dico ai ragazzi. Ah… Le belle frase stupide che hanno senso solo a Roma!
Mentre i ragazzi cercavano di non farsi rubare e guardavano con degli occhi spalancati come dei gufi quei poveri turisti che non erano così fortunati come loro, la mia collega A. e io, insieme ai nostri Ciceroni della giornata, andavamo a prendere i biglietti per la visita al Colosseo e ai Fori Imperiali.
“Dai, che bello”.- ho pensato stupidamente “oggi ci pensa un altro a spiegare le cose.” Ma io odio quando mi vengono in mente questi pensieri idioti. Lo giuro.
Pur avendo preso i biglietti in anticipo, pur essendo un gruppo scolastico e avendo con noi ben due guide turistiche, abbiamo aspettato almeno mezz’ora per entrare in questo benedetto Anfiteatro Flavio. Mezz’ora (lunga) durante la quale eravamo poco sottilmente assillati dai venditori ambulanti (e che puntualmente svolgevano quella attività con poca legalità, diciamo). Certamente è un fenomeno abituale anche a Barcellona, ma qui i ragazzi non hanno il cartellone con la scritta “turista” appeso in fronte. Alla fine ne avevo le palle così piene, ero così incazzata, che gli ho sgridato così forte e ho bestemmiato (in italiano, mancherebbe…) così male che sono spariti. E i ragazzi sono rimasti muti per cinque minuti di fila. World record!
Entriamo finalmente. E saliamo. Mamma mia se saliamo, fino all’ultimo piano. Per chi non ci è mai entrato, dirò che i gradini del Colosseo sono altissimi. Come ho detto nella prima parte, sono alta metro e mezzo. Detto in altro modo, sono quasi morta anche prima di iniziare la visita. Che cu*o… Quando siamo arrivati in alto mi sono ricordata che l’altezza del romano medio ai tempi dell’impero era più o meno come la mia. Gli dovevano piacere tanto gli spettacoli per salire tutto quello…
Insomma… La smetto con i traumi personali.
Visita interessante anche se lo sarebbe stata di più se la guida non avesse parlato con lo stesso tono nella voce l’intera mattina.
Usciti dal Colosseo, è il tempo dei Fori. Pausa bagno o colazione? Macché… Si perde tempo coi banalissimi bisogni umani!
Ingresso ai Fori: la fila, gli ambulanti, la gente che cerca di entrare (da gratis) col gruppo, le bestemmie e i cinque minuti di silenzio dei ragazzi. Apposto.
Si entra e la guida, gentilissima ma monotono, continua a fare la spiegazione ai ragazzi, che da un pezzo non l’ascoltavamo più. E arriva l’ora de la salita al Palatino. Cristo… Ma quanto sale sto cavolo di collina? Scale, salite, ancora scale e TOH! Sorpresa: «Delle macchine coi dolcetti!» Ci si ferma! (Vi ricordo che la colazione l’avevamo fatta alle sette del mattino più o meno ed era mezzogiorno, ormai). 66 ragazzi in massa hanno assaltato i distributori automatici e la piccolissima fontana accanto.
– Ragazzi, attenti al mal del viaggiatore…- diciamo.
Machisenefo**te.
Sarà una notte divertente, pensiamo.
Arrivati (finalmente, per tutti gli dei!) alla residenza di Ottaviano (ma do’ ca**o te l’hai fatta fare, sta casa, compa’?), la guida ha pensato bene a liberare per qualche minuto i ragazzi (e chi li sopportava più?).
– È appena passato il pomeriggio. Fino alla sera non si rientra e voglio già dar fuoco a Roma che manco Nerone.- dico a C. (e sì, conosco i falsi miti e le teorie sull’incendio di Roma provocato da Nerone…o no).
– Bene!.- mi risponde C. con la faccia appena un filo alterata.
Si va avanti. Non sarei mai riuscita a immaginare che avrei odiato così tanto la mia prima visita ai Fori. I ragazzi stanchissimi dopo tre ore di guida a parlare con lo stesso identico tono (sì, l’ho già detto… Ma dovevate viverlo, quello!) e tanto (ma tanto eh) annoiati, erano sui ca**i loro. Noi cercavamo di farli comportare bene ma beh… A quel punto era difficile anche per noi stare buoni. Temendo una ribellione tipo Spartaco, la guida ci ha detto le ultime informazioni e ci ha lasciati vicini all’ingresso “giustoper”… Ci ha detto che potevamo girare quanto volevamo nei Fori.
Seh.
Era appena andata via e i ragazzi salivano già verso l’uscita. Tutti radunati e contati (e vai a perdere un ragazzo a Roma, vedrai che bello…), una delle bimbe dice queste parole:

– Ma noi vogliamo tornare in Colosseo a riprendere la borsa coi nostri profumi…

Piccola discussione del gruppo di insegnanti:

Io: Quella borsa non è più là. Ve lo posso giurare prima di tornare.
J: Io andrei al Trastevere direttamente. Chi cacchio gira con dei profumi in borsa?
T: Dai che sono due passi. Ci andiamo e poi si pranza.
A: È un profumo costoso, su… Abbiamo lasciato la borsa vicino all’ingresso, è sicuramente ancora là, l’agente di sicurezza era vicino.
C: A me non frega niente. Fate come volete.

Due contro + due a favore + un’astensione: si torna in Colosseo.
60 ragazzi e 4 di noi aspettiamo vicino all’arco di Costantino il ritorno degli altri. Ancora lo spettacolo di turisti derubati e già un caldo interessante. Tornano quasi un quarto d’ora più tardi senza la borsa… E te pareva.
– E la borsa? – chiedono giustamente J., T. e C.
– Non c’era.- risponde A.
Evito dire quella frase carina “ve l’avevo detto” e iniziamo la strada verso il Trastevere, dove secondo i piani dovevamo pranzare. Spero di arrivarci prima che qualche ragazzo si mangi un ambulante.
Un caldo che mica male se consideriamo che era solo “de Maggio”, i ragazzi (e noi) stanchissimi (e una di loro ustionata dal sole perché aveva lasciato la protezione solare nella borsa sparita) e una strada più lunga di quello che volevamo fare. Il tutto si può descrivere con questi due video dei Simpson (se qualcuno li trova in italiano, me li faccia avere!):

Arrivati finalmente in Trastevere, liberiamo i ragazzi per un po’ (e ci liberiamo pure noi) e iniziamo a cercare un posto dove pranzare. Dopo un po’ sentiamo una presenza strana. Controlliamo e… Ed ecco un gruppo di quattro dei ragazzi che ci segue a non troppa distanza. Entriamo in una trattoria. Anche loro. Sediamo. Loro pure. Là A. non ci ha visto più:
– Ma un po’ autonomi lo potete essere?
I soliti drammi dei viaggi, che ci vuoi fa’…

Di ritorno all’albergo abbiamo sbagliato strada e non abbiamo visto la Piazza di Campidoglio, ma sì il Teatro di Marcello e il Monumento a Vittorio Emanuele II (piccolo e modesto…!).
Siamo arrivati verso le sette di sera in albergo che parevamo un gruppo di soldati sconfitti in una qualsiasi guerra assurda.
A cena (dopo la quotidiana spedizione serale a Termini) volevamo soltanto che il tipo della fisarmonica non apparisse anche quella sera. Il giorno prima avevamo avuto la visita di un gentil signore con la sua fisarmonica che ha fatto un casino infernale. E quella sera ci ha riprovato, ma il proprietario del ristorante ha avuto un momento alla Gandalf:
– You shall not pass!
E abbiamo cenato (più o meno) in santa pace.

Quella sera, tornati di nuovo in albergo e mentre cercavo di asciugare i capelli con quel tentativo di phon che trovi nei bagni degli alberghi, C. mi ha chiamata dicendomi che un gruppo di inglesi ubriachi cercavano di entrare nella stanza di uno dei gruppi delle ragazze. Ci corriamo. Là non c’era nessuno, solo le ragazze.
– Ci urlavano dalla strada!
Emacchecavolo. Le rincuoriamo ridendo e torniamo nella nostra stanza. Mentre continuo ad asciugare i capelli, torna A. in stanza. Ride tanto.
– Oddio… C’era un gruppo di tre ragazzi inglesi ubriachi nella reception e volevano salire. Ma ho chiuso l’ascensore e gli ho preso il braccio con la porta. Sono scappati a gambe levate!
A. Santa subito. Ve lo dico.
Dopo dire nella reception il tutto, ce ne andiamo a dormire. Giornata lunghissima… E mica era l’ultima.

 

A breve (spero) l’atto III.

 

m.

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