Vorrei nel nero buio sul tuo petto
la mia testa posare.
Sentire nel brusio
il tuo respiro soffocante.
Sentire cosa non va
Capire che ti fa male.
Vorrei che la notte non sembrasse eterna,
che il dolore non fosse lacerante,
che l’angoscia tacesse in quel silenzio
dove va a morire la disperazione.
Vorrei che queste fossero le prime parole
che un giorno assalirono la mia anima
quando per prima volta e con orrore
nei tuoi occhi vidi l’afflizione.
Vorrei che lo fossero, senz’altro,
ma andarono via col vento
a perdersi in quella notte, sì, eterna
dove va a morire l’intelletto.
Vorrei essere capace, con le mani,
di toglierti da dentro questa sofferenza
che anche se peribile, straccia, e nel morir
se stessa, fa presente la morte.
Vorrei, insomma, rendere luce
quel che era ombra.
Rendere vita quel che moriva.
Renderti libero, e liberare me stessa.
A M. Nulla nox aeterna est.